articolo di Alfonso Di Giorgio

PRESENTE

È il titolo che dò a questa breve storia di vita acquedolcese.
Dall’anno scolastico 1947-1948, dovendo frequentare la scuola media a Sant’Agata di Militello, non essendocene un’altra ad Acquedolci e non essendoci mezzi di trasporto tra Acquedolci e Sant’Agata, mio padre fu costretto a comprarmi la bicicletta. Era una sua naturale preoccupazione, ma, per noi ragazzi di quel tempo poter disporre di un mezzo di trasporto era proprio una grande conquista.
Certo era faticoso pedalare, ma, con la bicicletta, avevo conseguito un traguardo importante. Potevo spostarmi celermente in paese e potevo andare nei paesi vicini: andavo a Sant’Agata, non solo a scuola, ma anche al cinema, al chiuso d’inverno e all’aperto d’estate. Apparteneva ai fratelli Prestiani ed era dislocato dove ora sorge la grande struttura dell’Agorà.
Con la bicicletta andavo anche a San Fratello, a trovare mia zia Flavia, la sorella di mio nonno. Ma mi spingevo sino a Patti e al Santuario del Tindari. Cominciai a disporre della bicicletta dall’estate del 1947: avevo già compiuto dieci anni.
Con la bicicletta, mi spostavo anche più celermente all’interno di Acquedolci. E da quell’anno mi sentivo attratto da una particolare manifestazione che aveva luogo sulla strada che dalla via nazionale portava alla stazione ferroviaria, non ancora asfaltata, che costeggiava, scendendo, sulla destra un grande giardino, coltivato a gelsi, appartenente al Barone Cupane e rientrante nel territorio del Castello. Gli alberi venivano potati per fare solo lunghi rami e foglie in abbondanza. Ed era quello che si voleva ottenere: non gelsi, mai visti, ma soltanto rami e foglie, ciò che serviva per l’allevamento del baco da seta. E ciò avveniva all’interno del castello, dove, si lavorava anche quel tessuto speciale di lana pressata, con cui poi si realizzavano i cosiddetti “scapuc“, dei mantelli speciali senza maniche e con cappuccio usato soprattutto della gente di San Fratello.
Ma torniamo alla via delle rimembranze. Era così denominata, perché, ogni anno, il 4 novembre, si ricordavano i caduti di Acquedolci nella grande guerra. Erano stati tredici (1) e tredici cippi marmorei erano dislocati lungo il lato di destra, scendendo verso la stazione ferroviaria.
Ora, non si sa che fine abbiano fatto (2), penso non siano stati distrutti. Vorrei augurarmi che venissero recuperati oppure sulla scorta del vecchio modello realizzarne dei nuovi e collocarli in prossimità dell’odierno monumento ai caduti. Si tratterebbe di un gesto importante, come recupero anche di tanti anni di storia di Acquedolci a cui voglio fare riferimento con questo mio scritto.
Era un raduno annuale, del quattro novembre, da cui, benché ancora ragazzo, mi sentivo attratto e anche sollecitato a parteciparvi dal professore Antonino Pertinace, a cui mio padre mi aveva affidato nello studio del latino, a sostegno anche di quello che potevo fare a scuola. Ne era un profondo conoscitore e mi aiutò a porre le basi non solo per la conoscenza linguistica del latino, ma soprattutto per l’innamoramento dei classici latini, il cui studio e approfondimento mi è stato d’ausilio fino all’università. E potrei dire anche altro, sino al punto che ho utilizzato la lingua latina per capovolgere alcune espressioni latine in chiave didascalica, di cui sono la riprova i medaglioni di marmo, scritti in latino, con l’intendimento di mettere a confronto due ere storiche: quella pagana e quella cristiana.
Ma ritorno alla via delle rimembranze. Proprio là, sul lato dove erano dislocati i cippi marmorei, avveniva il raduno. C’erano le massime autorità del tempo: dal Delegato Municipale, essendo allora Acquedolci frazione del Comune di San Fratello, al Maresciallo dei Carabinieri, al professore Antonino Pertinace, che non mancava mai, al cavaliere Benedetto Rubino, farmacista e storico di San Fratello (e Acquedolci), padre di Cirino, militare di carriera, che andrà sempre più in alto nei ranghi militari, sino a rivestire quello più ambito di Generale di Corpo d’Armata.

E potevano non mancare le famiglie più rappresentative nella storia di Acquedolci dai Latteri, con i suoi diversi ceppi, dai fratelli Catania, commercianti, ai Di Giorgio, con altrettanti ceppi, tra i quali ha fatto spicco il Generale Antonino Di Giorgio, già Deputato e Ministro della Guerra negli anni 1924 e 1925 e storico con diverse pubblicazioni e scritti, tra tutti “Ricordi della Grande Guerra (1915-1918)” un libro veramente importante e prezioso.
Negli anni, come militari importanti, ricordo anche la presenza, in più di una manifestazione, del Generale Giuseppe Artale e del Generale Francesco Ricca. Ma soprattutto c’era tanta gente, potrei dire tutta Acquedolci.
Non vado oltre nei dettagli, ma c’è qui un particolare che vorrei evidenziare, che è connesso alla grande e sentita manifestazione, direi patriottica, che svolgeva in quegli anni, tra il 1945 e il finire degli anni ’50. In quel contesto, era solenne la rievocazione dei caduti. Si chiamavano uno per uno, in ordine alfabetico, senza dimenticare nessuno e ad ogni chiamata, da parte di tutti i partecipanti, in gran coro, si rispondeva: PRESENTE! Sembrava proprio che quei caduti tornassero a vivere, tanto forte, accorato era quel dire PRESENTE. Costituiva proprio quel “presente” un richiamo così profondo e popolare sino al punto da farne una battuta frequente, popolare e ironica: “Che ti possano chiamar presente”. Non vado oltre in questa analisi storica. Mi fermo qui.

Ma, per l’occasione, nella ricorrenza del centenario della tumulazione del Milite Ignoto all’Altare della Patria, ho voluto scrivere una poesia, in septercanto, in cui evidenzio gli aspetti più significativi dell’evento. Di ciò, in primis, ho voluto rendere partecipe, per primo, tutta la compagine amministrativa di Acquedolci, dal Sindaco agli Assessori, dal Presidente del Consiglio Comunale a tutti i Consiglieri, nessuno escluso. Ho reso partecipe dell’iniziativa, con apposita nota, per conoscenza il Presidente della Repubblica, on. Sergio Mattarella, il Presidente della Regione Siciliana, on. Nello Musumeci e il Presidente dell’ANCI Antonio De Caro. Con questo mio scritto, che indirizzo soprattutto a tutta la cittadinanza di Acquedolci, credo, nel mio piccolo, di avere dato un contributo, con modestia, senza nessuna particolare presunzione, alla celebrazione storica del 4 novembre 2021.
In una dimensione di trascendenza, noi non sappiamo chi sia il Milite Ignoto, ma lui sa e vede. Per tutti i combattenti, per tutti i militi ignoti, per tutti i servitori della nostra Italia, valga quanto è stato scritto: “Chi per la Patria muore, vissuto è assai“.

NOTE
(1) In verità, dalle foto, sembra che fossero di più (forse 21); purtroppo ad oggi non è stato possibile rinvenire documenti circa la loro collocazione.

(2) I cippi furono distrutti nottetempo perché il giardino del castello doveva essere urbanizzato… per ulteriori approfondimenti si rimanda all’articolo su caduti e monumento.

Lapide collocata nella piazzetta lato est della Caserma dei Carabinieri di Acquedolci, ora intitolata al Milite Ignoto

Intervista al presidente della pro loco del 4 novembre 2021 VIDEO

Potrebbe essere un'immagine raffigurante il seguente testo "CHE T'IMPORTA IL MIO NOME Grida al vento: FANTE D'ITALIA! Ed io Riposerò contento. Vuoi saper chi sono? Percorri il mio cammino Sosta ove caddi Cerca nel fango Il mio piastrino. Se nessun mi vide Quando caddi riverso Io voglio mi si chiami IGNOTO e non disperso! SONO UNO DEI SETTECENTOMILA Cimitero degli Invitti (Sagrado TS)"

PREGHIERA DEL CADUTO SENZA CROCE

O Gesù Crocifisso, a Te rivolgiamo la nostra fervida preghiera per tutti i morti delle battaglie, in terra, sui mari, nei cieli; è la preghiera per i nostri Eroi, che nel loro supremo olocausto ci ricordano le nostre glorie ed i nostri dolori.
Ma non tutti hanno una Croce, che nel suo sacro simbolismo suggelli nome e sepoltura; ed è in particolare per questi Caduti, i cui resti mortali sono andati per sempre dispersi, che la nostra supplica sale a Te, Gesù.
Accoglila e concedi pace eterna a quelle anime che lasciarono il mondo senza il conforto di una persona amica e nel martirio; fa sì che le desolate madri, le spose e i figli trovino sostegno nel Tuo cuore trafitto.
Scenda la Tua benedizione sulle case nelle quali i cari Scomparsi non sono più tornati, sulle disperse ceneri, sulle anime smarrite e sulla tristezza delle attese deluse.
Pietà, o Signore, della nostra diletta Italia per la quale tante generose giovinezze si immolarono; pietà per questa nostra terra alla quale Tu donasti il privilegio del genio ed affidasti una missione di fede, di cultura, di civiltà.
Gesù Crocifisso, per i dolori e il martirio dei nostri Caduti, benedici, proteggi e salva l’Italia.
AMEN